Tamara Dean : la ricerca artistica del rapporto tra uomo e natura .

Tamara Dean è una fotografa australiana è nata a Sydney nel 1976 per i primi sette anni della sua vita ha vissuto ai margini di una riserva naturale, vivere in quel luogo l’ha portata a sviluppare un profondo legame con la natura. Durante il liceo era ossessionata dalla natura non pensava ad altro, passava le sue giornate a dipingere e fotografare alberi, boschi, colline , rocce, laghi…Finito gli studi si trasferisce e sceglie di andare a vivere vicino a un parco nazionale.

Tamara esplora la relazione tra uomo-natura, con le sue fotografie vuole sensibilizzare il pubblico a riguardo del tema della difesa ambientale e ci mostra che è possibile ripristinare l’equilibrio tra uomo e natura, indispensabile per creare un mondo migliore.

” Per tutto il tempo che posso ricordare ho desiderato essere nella natura. Quando entro in una foresta mi sento come se fossi tornato a casa. Questo profondo amore per la natura informa la mia vita e la mia pratica artistica.”

Tamara Dean

Queste fotografie sono un promemoria per tutti noi: Non siamo nè separati nè superiori alla natura. Il rapporto uomo-natura è una realtà dinamica, noi esseri umani siamo parte di essa e dipendiamo dagli altri esseri viventi che ci circondano.

L’artista australiana ha ricevuto diversi premi tra cui:

Vincitrice 2019 Moran Contemporary Photographic Prize.

Vincitrice nel 2018 Josephine Ulrick & Win Schubert Photography Prize.

 Vincitrice del Meroogal Women’s Art Prize 2018 finalista con due opere.

Sydney Life: Art & About 2009.

Qui sotto trovate il link del suo profilo IG

https://www.instagram.com/tamaradean/

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Anne Brigman

è una donna vittoriana, scalatrice, artista, pittrice, fotografa, poetessa e una femminista prima del femminismo. Anne fa parte del movimento foto- secessionista americano ed è stata la prima donna a mettersi a nudo davanti l’obiettivo già nei primi anni del 1900.

Le sue prime fotografie sono dei ritratti femminili, utilizza luci soffuse per creare atmosfere morbide, sospese, libere. Le sue fotografie evocano un tempo antico fatto di ninfe, rituali pagani durante i quali i corpi nudi si uniscono alla natura selvaggia.

“La sua specialità è l’ autoritratto come corpo non come volto, non come psicologia ma come integrazione con la natura. Il corpo è natura e lo si vede dalle forme, è la perfetta integrazione che abbiamo nella realtà. Lasciamo parlare il corpo.” ( tratto dal libro AutoFocus L’autoritratto fotografico tra arte e psicologia. )

“Le mie immagini raccontano la mia libertà di spirito, la mia emancipazione dalla paura”

Nel 1903 espone alcune sue fotografie al Terzo Salone Fotografico di San Francisco.

Dopo questa mostra la mole di lavoro inizia ad aumentare e riesce ad affittare una camera oscura a Okland Brockhunts street e poco dopo apre anche il suo studio a Berkeley . Frequenta un corso di scrittura creativa e unisce le due cose, le sue fotografie sono accompagnate dalle poesie che scrive.

“Già l’idea di una donna che scattava nudi nei primi anni del 1900 era impensabile, farlo nelle terre selvagge della Sierra Nevada fu addirittura rivoluzionario”

Le fotografie di Nicolò Taglia.

Oggi voglio parlarvi di un fotografo che ho scoperto su Instagram , mi sono piaciute subito le sue fotografie in bianco e nero e ovviamente ho iniziato a seguirlo. Qualche giorno fa l’ho contatto per chiedergli delle informazioni su una t-shirt che sta vendendo e alla fine mi sono decisa di fargli qualche domanda con l’idea di scrivere questo articolo.

Nicolò Taglia è nato il 4 giugno 1974 a Torino, non è sempre stato un fotografo, per molti anni si è occupato di botanica, progettava e realizzava parchi, giardini… ma un giorno tutto cambiò…Nicolò fa un incidente e per quasi un anno rimane paralizzato… Dopo questo brutto periodo di depressione Nicolò si rialza, reagisce e prende in mano la sua macchina fotografica, inizia a fare fotografie, riprende le cose che lo circondano.

Non lo aveva mai fatto , ma quando scatta il mondo intorno a lui scompare.

Per me la fotografia è arte è l’unico fine che le ho dato.”

Con le sue fotografie in bianco e nero ci mostra la realtà, semplice, essenziale ma bellissima. Affronta argomenti reali, forti e ci mostra la realtà e le problematiche della sua città, Torino.

Nicolò Taglia in questi anni ha partecipato a diverse mostre e ha collaborato per la realizzazione di progetti editoriali fotografici.

Mostre:

  • Artisti Anonimi 2015 presso Rendez-vous atelier Torino.
  • Un sogno in comune 2016 presso Associazione di Animazione Interculturale i Torino.
  • Manifesto 2018 presso Charlie “Bird”.
  • Amo2018 presso via Pisa 53 Torino
  • Foto di Merda 2019 presso Rendez-vous atelier Torino.
  • La mia bara2019 presso via Onorato Vignali 217 Torino.
  • Look at me2020 Streetview Art Gallery Torino.

Ora voglio approfondire con voi alcuni dei suoi progetti fotografici, quelli che ho apprezzato di più sono:

Amo è una installazione fotografica che è stata esposta nello spazio di via Pisa 53. L’installazione è un insieme di fili da pesca e ami sospesi nel vuoto. L’artista vuole affrontare la tematica del consumo di massa dell’informazione e il rapporto tra i media e le persone. Nel installazione gli ami da pesca prendono il posto delle informazioni, delle notizie giornaliere per rafforzare il concetto di “abboccare”.

La mia bara è un progetto fotografico dedicato alla morte del tempo.

“ Viviamo in epoca in cui le grandi ideologie hanno smesso di attirare la nostra attenzione, una società liquida, secolarizzata in cui i grandi ideali sembrano essere morti. L’unica cosa che continuiamo ad adorare è il “ Dio del tempo”. Il tempo è diventato per noi il bene più prezioso, la modernità fa rima con velocità. Si vedono treni super veloci, i collegamenti alla rete internet devono essere sempre più rapidi, si stanno progettando arerei supersonici. Tutte cose ci permettono di risparmiare tempo, perché in questa strana bulimia di tempo non ne abbiamo mai abbastanza. Continuiamo a divorarlo con voracità. Ma quanto durerà tutto questo? È probabile che un giorno anche questa ideologia tramonti e ci ritroveremo tutti insieme a celebrare la morte del tempo.”

Dario Basile

Look at me è l’ultimo progetto fotografico di Nicolò, realizzato durante il primo lockdown.

Sono 9 poster di ritratti d’artista che vengono esposti sulle serrande del Circolo Antonio Banfo di via Cervino dove ha sede la Streetview Art Gallery.

“L’arte può recuperare, valorizzare, ripensare l’identità e l’immagine di un luogo evidenziando e valorizzando i percorsi. Può informare e orientare attraverso codici universalmente riconoscibili. E’ diventato urgente per il benessere percettivo e psicologico di chi abita in quest’area, pensare a una loro trasformazione, anche visiva, creando poli d’attrazione, presenze urbane a vari livelli ;diventa quindi strategia di comunicazione ed attrattiva urbana.”

https://www.facebook.com/togaciarte/posts/2882268378696395

“ In natura non esistono specchi in grado di ispezionare l’animo umano, di rendere tangibile l’essenziale nel profondo. Non esistono riflessioni mimetiche capaci di superare l’estetica convenzionale, la stessa che ci impedisce di giungere al puro pensiero. Camminando sono giunta fin qui. LOOK AT ME. Eppure non saprei quantificare la strada percorsa , non potrei farlo, perché nella pratica del camminare i pensieri si disciolgono, sorvolano infiniti territori fisici e mentali in cui lo sguardo si annida.”

Se volete conoscere meglio Nicolò Taglia e vedere tutte le sue fotografie qui sotto trovate i link alla sua pagina Fb e IG.

https://www.facebook.com/nicolo.taglia

http://www.instagram.com/nicolo_taglia/

Street Art e fotografia. Chi è Martha Cooper?

Martha Cooper è una fotoreporter americana nata negli anni 40 a Baltimora. Suo padre era il proprietario di un negozio di fotografia e le regalò la sua prima macchina fotografica all’asilo.

In un intervista dice: “ ho fotografato i miei giocattoli e il mio cane. Dal quel momento non ho più smesso.”

Martha non si sente un artista ma si definisce una giornalista o una reporter.

“Mi è sempre interessato fotografare le persone durante le loro espressioni di creatività. Questo interesse mi ha portato a fotografare la street art e i graffiti. Amo questo mondo e amo ancora di più incontrare gli artisti.”

Martha Cooper nel 1978 era una dei 15 fotografi del New York Post, un quotidiano con sede a Manhattan. Martha passava le sue giornata in macchina alla ricerca di immagini, scatti casuali detti anche “scatti meteo”; per tornare al Post per sviluppare le sue fotografie doveva attraversare Alphabet City in quel periodo era un quartiere desolato ,abbandonato e inquietante solo i bambini lo trovavano un posto perfetto per giocare e Martha inizò a fotografarli e da lì a poco iniziò la sua passione per i graffiti.

Nel 1980 lascia il giornale per dedicare il suo tempo a fotografare i treni dipinti.

Il modo preferito per mostrarci le sue fotografie sono i libri .

“ i libri durano per sempre e non in un periodo limitato nel tempo.”

Bibliografia :

  • R.I.P.: New York Spraycan Memorials. Thames & Hudson 1994.
  • Hip Hop Files: Photographs 1979-1984. From Here to Fame 2004.
  • Street Play. From Here to Fame 2005.
  • We B*Girlz. text by Nika Kramer 2005.
  • New York State of Mind. PowerHouse 2007.
  • Tokyo Tattoo 1970. Dokument 2012.
  • Postcards from New York City. Dokument 2012.

Volete seguire Martha nei sui viaggi? Qui sotto trovate il link del suo profilo Istagram

https://www.instagram.com/marthacoopergram/?hl=it

La fotografia evanescente di Sarah Moon.

Nome d’arte di Marielle Warin è nata in Francia nel 1941 a Vernon ; la sua famiglia è di origine ebraica e con l’arrivo dei nazisti a Parigi decidono di trasferirsi in Inghilterra, Sarah è solo una bambina.

Il suo percorso artistico inizia come modella, ma scopre la passione per la fotografia e inizia a scattare. Nel 1970 inizia la sua carriera di fotografa sempre nel settore della moda ma allo stesso tempo da vita a un suo stile fotografico e inizia a lavorare a progetti personali.

Sarah Moon è una delle più famose fotografe contemporanee ed è una figura chiave nella storia della moda, realizzò diverse campagne pubblicitarie per brand internazionali come Dior, Chanel, Valentino… Con le sue fotografie cerca di immortalare momenti sfuggenti, dinamici spesso drammatici e malinconici. Evoca momenti, sensazioni provenienti da una realtà immaginaria fatta di ricordi e pensieri inconsci.
I temi principali sono la bellezza, l’evanescenza delle cose, la sua fragilità e il passare del tempo.
In un intervista dichiara:
“la bellezza è una specie di Hydra. E’ proteiforme. Ciò che è bello per uno potrebbe non esserlo qualcun altro. E’ un riflesso. E’ un evidenza negli occhi e tuttavia è una percezione individuale. “

Le fotografie di Sarah sono per la maggior parte scattate con una Polaroid su pellicola 665 a colori o in bianco e nero. Utilizza diverse tecniche fotografiche come la doppia esposizione, tempi di posa molto lunghi, soft- focus … Le fotografie sono una fuga dalla realtà, dove vita e morte sono emozioni che si intrecciano, la bellezza si mescola con la malinconia e la solitudine. Sono delle immagini imperfette ma cariche di emozioni.

Citazioni:

“Ho sempre pensato che la fotografia sia un’occasione per mettere in scena, per raccontare una storia attraverso le immagini. Quello a cui miro è un’immagine con un minimo di informazioni, che non ha alcun riferimento a un determinato tempo o luogo – ma che comunque parli, che evochi qualcosa che accaduto poco prima o che può accadere subito dopo“ ”La mia visione sfocata è innata. Sono miope come una talpa. È stato solo quando ho iniziato a fotografare che me ne sono resa conto. La gente mi diceva:- Questa foto non è nitida!. Io non capivo, perché era così che vedevo le cose, non avevo mai portato gli occhiali in vita mia”.

“Mi ricordo di una notte in cui era caduta la neve, al mattino appena sveglia feci quello che non avevo mai fatto: spinta da non so quale necessità fotografi le ortensie del giardino, sepolte. Sul positivo , un rettangolo bianco, c’erano solo delle tracce e dei segni. Non ero più io, ma la vita che raccontava la sua storia: e premendo leggermente l’indice sullo scatto, in un batter di ciglia in una frazione di secondi , la facevo mia. E’ allora che tutto è incominciato, che ho fotografato per me stessa, mentre prima qualcuno me lo doveva chiedere perché osassi.”

I migliori fotografi del 2020.

Oggi vi voglio parlare di due fotografi italiani, Luigi Spina e Matteo de Mayada, hanno ricevuto il riconoscimento di miglior fotografi del 2020 da Artribune.

Luigi Spina è nato il 28 settembre 1966 a Santa Maria Capua Vetere. I temi principali dei suoi lavori fotografici sono i paesaggi, il mare , gli anfiteatri, il legame tra arte e fede e il confronto fisico con la scultura classica. L’ uso del bianco e nero per Luigi Spina è la base del suo lavoro, ha iniziato il suo percorso artistico fotografando paesaggi in bianco e nero ed ha dato il meglio di sé immortalando il patrimonio Canoviano.

“Canova in 4 tempi” è il risultato della ricerca fotografica in solitaria fra le stanze della Gipsoteca di Possagno. In questo volume vuole mostrare al pubblico le fasi creative e di realizzazione delle opere dello scultore Antonio Canova. La prima fase consiste nello studio , è il processo preparatorio dell’opera e la seconda fase è l’opera terminata.

Il fotografo ci spiega : “ Il gesso, è nel atto del concepimento dell’artista, il momento fragile e variabile del sentire il corpo della scultura.” I gessi non sono un opera finita ma hanno molta forza .

Mi è piaciuto molto anche il progetto Ritual Portraits sono una selezione di fotografie in bianco e nero, delle terra cotte provenienti dal santuario nel territorio di Teano. Se siete curiosi di vedere le fotografie di questo progetto, trovate il link qui sotto:

https://www.luigispina.it/copia-di-amphitheatres

Il fotografo ha anche partecipato alla nona edizione del Festival Internazionel di fotografia di Roma con il progetto The Bunchner’s boxes.

Nel 2010 partecipa alla mostra di Napoli O’ VERO con il progetto fotografico Diario Mitico; il fotografo è stato incaricato di fotografare l’intera collezione Farnese con scopo di catalogazione e allo stesso tempo è iniziata una personale ricerca artistica e una produzione di 3.000 negativi in bianco e nero e 2.500 stampe. Ha pubblicato Diario Mitico nel 2017 in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Matteo de Mayada è nato il 1984 a Treviso e attualmente vive a Venezia. Il fotografo in questi ultimi anni si è focalizzato su temi sociali e ambientali. Nel 2019 con Era Mare ci racconta e ci mostra con le sue fotografie l’alta marea di Venezia.

Nel 2020 con il suo reportage a Vo’ Eugano ci mostra uno dei primi focolai di Coronavirus. Il fotografo ha documentato l’emergenza sanitaria nei dintorni di casa sua , tra il Veneto e il Friuli. Con i suoi scatti ci racconta la vita delle persone durante questo straordinario periodo storico.

In un intervista il fotografo dichiara : “ Da parte delle persone ho riscontrato la voglia di condividere la propria storia : ognuno era testimone a modo suo. Dal mio punto di vista, sono sempre stato abituato a fotografare storie e persone lontane da me. Questa volta è stato diverso perché ero parte della stessa cosa. Oltre al dialetto, condivido con loro gli stessi timori e la confusione che hanno caratterizzato questo periodo.”

“ Da quel momento ho iniziato a fotografare le attività essenziali rimaste aperte durante il lockdown e inseguito mi sono dedicato al per
sonale sanitario.”

Il fotografo tiene anche workshop di fotografia e sul processo creativo presso diverse università italiane : Università la Sapienza di Roma, Università IUAV di Venezia e al NABA ( Nuova accademia di belle arti) di Milano.

E’ un artista molto attivo e negli ultimi 3 anni ha partecipato a diverse mostre: la Triennale di Milano 2021, Lettore in Fabula Bari settimana del libro fotografico 2020, Aarhus Danimarca 2020, Fotobok Festival Oslo 2020, The Gallery di Generali Milano 2019-2020, La fabbrica dello zucchero Rovigo 2019…


Vitiligio di Rosa Mariniello.

Rosa Mariniello è nata a Ottaviano (NA) nel 1970 è una fotografa. Ha studiato architettura all’università Federico II di Napoli e per diversi anni ha lavorato come fotografa di architettura . 

Oggi voglio parlarvi di un suo progetto personale Vitiligio .

Vitiligio è un progetto fotografico che raccoglie una serie di ritratti a persone affette da vitiligine. Per realizzare questo progetto ha dovuto incontrare diverse persone e fotografarle in 5 diversi paesi: India, Cina, Danimarca, Cuba e Italia.

Vitiligio si interroga sui temi come i canoni di bellezza , l’identità personale, l’evoluzione e il cambiamento.

La vitiligine è una malattia legata a un disturbo della pigmentazione cutanea si presenta in modo localizzato sulla pelle, mucosa e barba. Le conseguenze emotive della vitiligine possono essere: bassa autostima, ansia, depressione, problemi di interazioni sociali, sentimentali, sessuali e lavorativi. Non è solo un problema di pelle ma anche psicologico. 

Rosa Mariniello dice : “ Uno degli obiettivi fondamentali che mi hanno guidato nella realizzazione del progetto è stato catturare un immagine autentica dei soggetti, i quali hanno superato l’ostacolo più grande, lo sguardo e il giudizio altrui e si sono mostrati con forza e umiltà restituendo alla loro figura una dignità intimamente smarrita. Mostrarsi non è stato facile ma facendolo hanno dimostrato di sapere accettare se stessi e la propria diversità”.

Rosa Mariniello è anche membro dal 2011 di Europan News Agency & G.N.S Press come fotoreporter. 

I premi che ha vinto nel 2020 sono :

World Report Award ( short film category ).

Borsa di studio per il progetto fotografico di Kuala Lumpur Malesia.

Altri progetti personali interessanti sono:

Triples racchiude una serie di fotografie di reportage realizzati in diverse parti del mondo. Per questo progetto ha utilizzato la tecnica della multi esposizione.

Lucania “ Raccolgo l’identità, l’autenticità, la dignità dei paesaggi che evocano il rispetto , la conservazione e il ricongiungimento con Madre Terra”.

Franco Fontana Fotografia creativa -esercizi per svegliare l’artista che dorme dentro di te. Recensione libro.

Per il mio compleanno ho voluto regalarmi questo libro, oggi voglio parlarne con voi. Fontana nel primo capitolo” Lo zen e la fotografia” inizia a parlarci della figura del cerchio.

Ho trovato questa riflessione molto bella e la voglio condividere con voi: ” La mia forma preferita è il cerchio, contiene tutto eppure è vuoto. Filosoficamente parlando, ha una caratteristica rara: come ogni cosa ha un inizio e una fine, solo che nessuno lì troverà mai. “Vuoto ” a noi occidentali fa paura anche solo la parola, figuriamoci il concetto. E’ sbagliato… Solo facendo il vuoto dentro di voi potrete conquistare libertà a sufficenza per imboccare una strada davvero vostra, senza fardelli, ne pesi morti. La mente libera contiene tutto, come il cerchio. Dovete fare in modo che contenga anche la macchina fotografica: la macchina non deve essere nelle vostre mani, ma nel vostro cuore. Deve essere parte di voi, costituire con voi un unità inscindibile, perché solo quando la macchina fotografica sarà nel fotografo e il fotografo nella macchina fotografica potranno fluire creatività e indipendenza. Io faccio cosi quando fotografo. A volte mi succede di trovare un paesaggio così irresistibile che dimentico tutto il resto. Lascio andare desideri, rancori, aspettative, fretta, il passato e il futuro, rimango solo io con la mia macchina fotografica e il paesaggio. Me ne lascio permeare: io divento il paesaggio e il paesaggio diventa me. Lo vivo. Permetto al paesaggio di riempire il mio vuoto , ne gioisco e solo allora scatto.

Franco Fontana, Puglia, 1987.

Continuando a leggere, sono ancora alle prime pagine del libro e mi rendo conto di ritrovarmi tantissimo nelle sue riflessioni; come me Franco Fontana è stato un autodidatta e per mantenersi ha svolto molti lavori : il salumiere, il montatore di antenne e negli anni 60 con dei soci vendeva arredamento. Durante il servizio militare rimane affascinato dagli scatti di un suo amico e decide di provare anche lui. Fotografava d’istinto senza sapere quello che faceva, come un bambino che si affaccia sul mondo.

Proseguo con la lettura e mi rendo conto finalmente di aver trovato un libro che non è il solito manuale di fotografia. Franco Fontana in questo libro ci vuole aiutare a cercare noi stessi e la nostra unicità fotografica, a risvegliare l’artista che è in noi, ci consiglia di non perdere mai la capacità di meravigliarci e di essere delle persone avventurose. Inoltre nel libro troviamo diversi esempi ed esercizi fotografici.

Ho trovato molto interessante l’esercizio dell’ essere e dell’ apparire. Fontana ci chiede di metterci davanti allo specchio e diventare al contempo osservatore e osservato. L’esercizio consiste nel realizzare 12 autoscatti, 6 dovranno contenere la nostra apparenza e 6 la nostra essenza. Nei sei autoritratti dell’apparire dobbiamo mostrarci e valorizzarci al massimo, invece nei sei autoritratti dell’ essere dobbiamo trovare il modo di esprimere quello che siamo.

“Gli autoritratti dell’essere devono rimanere riservati, quello che vi sto chiedendo è una ricerca viscerale. Gli autoritratti dell’essere devono appartenervi al punto che nessuno a parte voi possa capirli.”

Io ho deciso di accettare questa sfida e scatterò gli autoritratti, presto vi farò vedere i risultati ottenuti.

Vi è piaciuto l’articolo? Siete curiosi? e volete leggere altri esercizi del libro , vi lascio qui sotto il link per acquistare il libro su Amazon.

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Josephine Cardin

Nata a Santo Domingo nella Repubblica Domenicana ha iniziato il suo percorso artistico come ballerina all’ età di 3 anni e non ha mai smesso, con il passare del tempo sono emerse altre passioni, la pittura, le illustrazioni e la fotografia; si laurea in Storia dell’arte in Florida e attualmente vive e lavora a New York. Joshephine Cardin è un’ Artista nei suoi scatti riesce a unire l’amore per la danza, la pittura, illustrazione e crea delle opere d’arte.

Nei suoi autoritratti troviamo il movimento del corpo come mezzo per posare e buttare fuori l’oscurità e aggiunge elementi surreali come frecce, corde, corvi, radici, animali, fiori per scavare più a fondo nella storia di ogni serie fotografica. Il lavoro più conosciuto dell’ artista è Fell Likes sono fotografie monocromatiche modificate con l’uso di matite , carboncini e penne.

In una intervista dichiara di non preoccuparsi troppo della location, ma si concentra sulle emozioni, sull’umore e sul soggetto, questi elementi devono essere sempre presenti nelle sue fotografie.

Definisce il suo stile fotografico emozionale,trasformativo, intenso.

Trovo le sue fotografie bellissime, delle opere d’arte piene di emozioni intense, forti , vicine. Ho scoperto questa fotografa leggendo questo articolo :

http://www.organiconcrete.com/2016/04/05/gli-attacchi-di-panico-raccontanti-dalle-fotografie-di-josephine-cardin/?fbclid=IwAR0ZagoyGDrp9l1RO3-GaafKyxWUrCa7RuYyavPwE3fZzEjj0HYmHGkGLa8

Mi ha colpito subito e ho deciso di fare una piccola ricerca su di lei per conoscerla meglio. Vi lascio i link per andare a vedere il suo portfolio online e il suo profilo IG.

https://cardinphotography.com/

https://www.instagram.com/cardinphotography/